Cominciamo la recensione di Tre Draghi al Buio dicendo che ci siamo trovati tra le mani, come la scatola stessa cita, un gioco leggendario. Le regole sono semplici ma, allo stesso tempo, offrono meccaniche variegate. La componente fortuna, tipica dei giochi di carte, è mitigata e lascia spazio alle strategie.
Il mazzo si compone di mortali, draghi e draghi leggendari, ognuno con il proprio potere che il giocatore dovrà saper combinare al meglio per formare il proprio stormo. Ma la forza non è tutto.
Ogni giocatore comincia con un tesoro e ad ogni round ne scommette una parte. Scende in campo una carta alla volta e alla fine del terzo turno gli stormi si scontrano e il più forte porta a casa il bottino. Per vincere è necessario arricchirsi il più possibile ma, oltre allo scontro diretto, ci sono altri modi per ottenere denaro.
E’ possibile sfruttare i poteri delle carte per rubare o farsi pagare monete d’oro dagli altri giocatori. Si può intimorire i propri avversarsi con stormi composti da elementi di egual potenza o colore, costringendoli a versare un tributo ancor prima della battaglia. Quando qualcuno vede il proprio tesoro svuotarsi, la partita termina e il più ricco vince.
Ritrovarsi tra le mani Bahamut e Tiamat è una chicca che di per se basta. Se a ciò aggiungiamo un’intera sezione di regole dedicata all’integrazione nelle sessioni di ruolo, si raggiunge l’apoteosi. Il gioco infatti è presente nel mondo di D&D e si può persino esserne competenti. Il manuale offre al dungeon master molti spunti e variazioni affinché le abilità dei singoli personaggi possano essere determinanti per condurre il gioco.
Concludiamo la recensione di Tre Draghi al Buio ringraziando Asmodee per aver portato in Italia un altro scorcio del multiverso D&D, immancabile in ogni collezione che si rispetti.